E’ giusto che l’operatore olistico si faccia pagare?

Molti ritengono, a torto, che chiedere soldi per le prestazioni in ambito olistico sia inaccettabile dal punto di vista etico (perché si aiutano gli altri) o contradditorio (spesso si parla anche di spiritualità, ritenuta inconciliabile con i soldi, il tutto giustificato da derive più o meno newiagane della serie “tutto è uno”).
Se la pensi così, abbi la pazienza di continuare a leggere: ti mostrerò un altro punto di vista.

Chiedere soldi in cambio della spiritualità?

Anche coloro che ritengono che non sia giusto farsi pagare anche per prestazioni in ambito olistico hanno bisogno dei soldi per poter mangiare, vestirsi, mantenere una casa e spostarsi.

Sicuramente certa religione in questa nostra parte di Occidente ha avuto un ruolo importante nella creazione del mito negativo del denaro: come una cosa sporca con cui non contaminarsi, lo sterco del Diavolo… in realtà tutto questo edificio accusatorio crolla nel momento in cui consideriamo il denaro come un mezzo, e non come un fine.
Personalmente amo pensare al denaro come a energia potenziale condensata. Con quei foglietti colorati che chiamiamo ‘banconote’, o le cifre che leggo sullo schermo del mio computer o sulla mia app nel cellulare, posso ad esempio:
  • aiutare chi è in difficoltà
  • comprare un bene dal negozio sotto casa aiutando l’economia locale;
  • usufruire di un servizio che migliora la mia vita;
  • accedere a una prestazione sanitaria per me o i miei famigliari;
  • oppure posso ottenere informazioni di valore, frequentando ad esempio un corso o acquistando dei libri, migliorando la mia professionalità o apprendendone una nuova;
  • oppure ancora posso permettermi di viaggiare e accrescere la mia consapevolezza.
Insomma, aumentare le mie possibilità di agire ed essere nel mondo.

Volere e potere essere nel mondo

Ecco, è proprio questo il punto: voler essere nel mondo.
A mio giudizio, in una corretta dimensione spirituale la vita dovrebbe essere onorata in tutti i suoi aspetti, compresa la fatica e il coraggio necessari per procurarsi l’energia necessaria per mangiare, lavarsi, vestirsi, avere il proverbiale tetto sopra la testa e spostarsi per andare al lavoro o accedere ai servizi di prima necessità.
Se hai un’idea negativa del denaro, sappi che questo può essere un grave ostacolo per il tuo percorso, nel mondo e per un eventuale tua via spirituale. Ma anche nella tua realizzazione professionale.

Hai difficoltà a farti pagare?

Nel caso in cui tu sia un operatore nell’ambito olistico, se non ti fai pagare per le tue prestazioni, prima o poi per mantenerti dovrai fare un altro lavoro. Anche se si tratterà di un lavoro extra, sarai comunque costretto a ridurre la qualità della tua opera e il numero di persone che potrai aiutare.
Ricordati che se non realizzi i tuoi sogni dovrai servire i sogni di qualcun altro.
Vuoi davvero questo?
Oltre a queste considerazioni ci sono almeno altri tre motivi per cui gli operatori olistici hanno a volte difficoltà a chiedere un compenso per la propria prestazione:
1. Mancanza di autostima. Non ti ritieni abbastanza efficace o pensi che il tuo lavoro sia di bassa qualità. Alcuni mascherano questo complesso chiedendo un’offerta libera, di fatto delegando agli utenti del proprio servizio non solo la definizione della qualità di quanto ricevuto, ma anche il corrispettivo economico, che potrebbe non essere all’altezza della prestazione. Inoltre si crea un sottile quanto insidioso legame tra chi offre la prestazione e chi la riceve: l’operatore si risentirà (magari solo in cuor suo), dell’offerta troppo bassa e il cliente si porterà via una sensazione di “essere in debito” e quindi i due finiranno con l’evitarsi a vicenda!
Soluzione: Pensa a quanto hai investito per imparare quello che sai e che sai fare:
tempo e soldi per la tua formazione (libri, corsi, seminari, compresi viaggi e attrezzature necessaire)
privazioni: a quante cose hai rinunciato? quanto tempo hai sottratto ai tuoi cari? quante volte hai detto di no al riposo, agli amici, alla TV perché dovevi studiare, esercitarti o frequentare un seminario invece che la scampagnata o lo “struscio” in città?…
Puoi anche decidere di impegnarti ancora e investire altro tempo e denaro per perfezionarti in modo da accrescere la tua autostima. Ma magari la radice del problema è da un’altra parte: nella tua storia personale. E allora potresti decidere di fare un percorso su questo.
2. La presunta non concretezza del lavoro che fai. In questo caso, magari nel tuo profondo, pensi che lavorare sulle energie non sia abbastanza concreto, e quindi non te la senti di farti pagare.
Il rimedio è semplice: prova a immaginare che il servizio che hai svolto è come quello dell parrucchiere: invece del massaggio o del trattamento olistico, al tuo cliente hai fatto la messa in piega. Immaginalo andare via con una messa in piega “energetica” che si vedrà altrettanto quanto quella fisica!
3. Il tuo lavoro nasce da una passione. Una delle dinamiche alla base della difficoltà di farti pagare è che, per gran parte di noi, esercitare in questo campo corrisponde al desiderio della propria anima. Si è insomma trasformato la propria passione in un lavoro.
Molti di noi probabilmente svolgerebbero ugualmente questa attività anche se non fossero pagati. A volte ci sembra strano che ci paghino pure!

Farti pagare è giusto perché ….

Ci sono almeno tre buoni motivi per cui farti pagare non è solamente giusto ma anche doveroso:
1) Motivare il cliente. Sapendo che dovrà pagare, il cliente avrà modo di riflettere sulla sua motivazione a interagire con te e verrà da te almeno con una minima motivazione. Inoltre, avendo pagato, si impegnerà molto di più e questo potrebbe migliorare, potenzialmente, i risultati che otterrà.
2) Stimolo (per te) a dare il massimo. Per l’operatore il farsi pagare può essere una motivazione a dare il massimo e a dare quel “di più” che può fare la differenza.
3) Karma. Il terzo motivo è apparentemente più sottile ma può avere giocare un ruolo importante e avere un grosso peso sia per l’operatore che per il cliente, specialmente per chi si occupa di particolari discipline nel settore olistico.
Per essere chiaro intendo per “pagamento”  onorare la legge di dare e avere: il focus è lo scambio reciproco e consensuale, non necessariamente in termini economici, anche sotto forma di scambio.
Se il destinatario della nostra prestazione non assolve, quindi, non completa lo scambio, rimarrà legato a te e, attenzione!, tu a lui. Lui si sentirà sempre un po’ in dovere, come se avesse qualcosa da pareggiare, anche se gli hai detto “non c’è problema, è gratis“. Una sensazione che a volte permane come un indefinibile, sottile ma persistente (e alla lunga sgradevole) senso di imbarazzo che, come dicevamo, giocherà sul vostro rapporto presente e futuro.
Risultato: il cliente non gradirà più vederti, cercherà di tenersi lontano,  inconsciamente per  evitare di rivivere la situazione all’origine della sensazione negativa.
Risultato garantito: la perdita di un cliente!
Se ti fai pagare potrai sciogliere sul nascere questa interazione negativa (il pagamento “libera” entrambi da questi legami) e avrai la possibilità di coltivare un rapporto operatore-cliente che sia di soddisfazione per entrambi, nel segno della libertà reciproca.

Non lavorare per tutta la vita

Riallacciandomi al fatto che per molti di noi il lavoro è (anche) una passione, secondo me il non chiedere un compenso per questo motivo è il caso più “simpatico”, ma anch’esso va superato in un‘ottica di coerenza professionale.
Questo però non ci deve impedire di ricordarci che è meraviglioso fare un lavoro che corrisponde alla nostra passione!
Infatti il saggio orientale dice: “Fai un lavoro che ti appassiona e ti sembrerà di non lavorare per tutta la vita”!

2 commenti

  1. Assolutamente vero@!!??

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