Non farti comandare dalla tua mente

Questo post ti racconta come la mente cerca di soggiogarti identificandoti in quello che possiedi (case, automobili) o nel tuo status socioeconomico o nei tuoi doveri non lasciandoti spazio per vivere la tua vita anche nella dimensione che ti è più propria. La meditazione può aiutarti ad uscirne: perché?
La nostra essenza non risiede (o, almeno, non soltanto) nel nostro corpo, emozioni, o mente, in una parola nella personalità di ciascuno di noi. Noi siamo anche questo, ma non solo questo. La personalità, intesa come il complesso formato dal nostro corpo fisico, dall’apparato emozionale e dalla mente, è il veicolo attraverso cui la nostra anima si manifesta nel mondo.
La nostra mente dovrebbe servire a farci prendere le direzioni giuste, valutando i pro e i contro di ogni scelta ed evitando i pericoli. Nella maggior parte di noi, invece, si “allarga” sistematicamente e cerca di pilotarci ammaliandoci con le sue verità assolute su noi e quello che siamo:
non vali nulla
non sai fare nulla, oppure, per chi ha delle ambizioni o è in carriera
se ti fermi dal lavorare gli altri ti passeranno davanti
quando avrai assolto tutti i tuoi doveri allora potrai prenderti un momento di pausa” oppure ancora (è un vecchio classico, e ancora vale soprattutto per le donne mamme e lavoratrici, in casa o fuori):
dovendoti occupare del lavoro, della casa, dei figli di certo non puoi prenderti anche momenti per te….
In questo modo quante volte ci ha convinto, controllato e comandato per anni a lavorare di più, a rinunciare a un’uscita con gli amici perché siamo troppo stanchi o a interrompere ciò che ci dava gioia in favore dell’ennesimo dovere?

L’identificazione

In questo modo, e a volte sin dai tempi della scuola, finiamo per l’identificarci in quello che abbiamo (casa, automobile, vestiti) facciamo (il ruolo al lavoro, la qualifica professionale) , sappiamo (il titolo di studio) o riteniamo di rappresentare per gli altri e la società (il ruolo in famiglia, lo status socioeconomico).
Siamo così certi che queste siano le basi della nostra identità al punto di credere che senza questi ruoli o queste occupazioni (un termine non casuale) non saremmo più gli stessi.
Ma questa credenza non è un punto di forza, ma una condizione che ci rende fragili. Nel momento in cui perdiamo il lavoro, la casa, dolorosamente scopriamo la natura illusoria di questi attaccamenti, nel senso che è illusorio pensare che quelle cose eravamo noi.

La disidentificazione

La meditazione, attraverso l’osservazione del nostro apparato psico-fisico-emozionale in una condizione di quiete, ci permette di accedere a uno spazio illimitato al di là della personalità e dei suoi ammalianti richiami.
Osservandoci nella pratica quotidiana scopriamo una cosa molto interessante: le affermazioni, i moniti, le lusinghe e le minacce della vocina interiore sono in realtà soltanto il prodotto di credenze e paure cristallizzate in seguito a esperienze dolorose nel passato e producono in noi pensieri, dalla natura illusoria e transitoria. Il fatto che non sono verità assolute in grado di predire scenari che sicuramente si realizzeranno, lo si comprende bene proprio in meditazione: come essi arrivano alla nostra attenzione, altrettanto velocemente ne vanno.

 

In seguito a questa scoperta è più facile cominciare a prendere le distanze da questi costrutti, e, senza distruggere e stravolgere la nostra vita possiamo ricominciare a:
– percepire le sensazioni e i bisogni del nostro corpo;
concederci più volte nela giornata dei momenti di stacco dal flusso di lavoro-doveri-preoccupazioni
reintegrare nella nostra quotidianità le cose che ci fanno stare bene e ci rigenerano
– comprendere di poter essere e fare altro rispetto a quello che stiamo facendo e crediamo di essere oggi, in direzione di quello che davvero sentiamo di essere.
Questo processo, noto come disidentificazione, ci fa un bel regalo: permetterci di smettere di basare la nostra identità e le nostre priorità sulle cose che abbiamo e facciamo ricominciando a vivere sentendo e percependo la vita che siamo.

La meditazione è pericolosa?

Alcune persone sono sospettose o timorose nei confronti della meditazione proprio perché temono di smarrire la propria identità e il proprio ruolo, a cui si sentono (e sono) attaccati come cozze ad uno scoglio.
In un certo senso hanno ragione… mi spiego subito.
Scetticismo e timore nascono dal percepire la meditazione come un’attività passiva che distoglie dal mondo, o dalla paura di sentirsi smarriti e/o di perdere il proprio ruolo e il potere nell’ambito della famiglia, sul posto di lavoro e nella società.
In realtà meditando regolarmente accade proprio il contrario!
Osservando e riducendo i nostri attaccamenti diventiamo:
– più efficaci, in quanto potendoci ricaricare e rigenerare, lavoriamo meglio e quindi con più risultati;
– più flessibili dato che, essendo meno attaccati a presunte identità posticce, al senso di importanza personale, sappiamo giocare più ruoli o, al bisogno, assumerne di nuovi
– più amorevoli in quanto meno condizionati dal “pensiero io” e quindi in grado di esserci davvero per gli altri in modo non ipocritainteressato, in un parola, appunto, meno identificati e più compassionevoli verso noi stessi e gli altri.

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