
C’è chi dice che pregare è meglio di meditare; chi dice “o preghi o mediti”, o che “meditare è pericoloso ed espone a rischi“.
Tu da che parte stai?
Personalmente ritengo che non ci sia alcun conflitto tra le due pratiche, anzi, secondo me una può favorire l’altra! Scopri come continuando a leggere.
Meditazione e preghiera
Se sei nuovo alla meditazione, su questo sito c’è la pagina sulla meditazione (Migliorarsi meditando) e alcuni post sui numerosi benefici di questa pratica per la mente e il corpo: Perché meditare ti farebbe bene e Non farti comandare dalla mente.
In questo post parliamo delle differenze tra meditazione e preghiera: come ho già anticipato, ritengo che entrambe siano utili per lo sviluppo di un cammino di spiritualità.
Semplificando un po’, la differenza tra le due pratiche potrebbe essere racchiusa in questa semplice frase:
meditare significa osservare e ricevere, pregare chiedere e celebrare.
Meditare significa scoprire il funzionamento della nostra mente, osservandone i meccanismi, e realizzare dentro di noi uno spazio di silenzio ricettivo.
Pregare significa raggiungere attraverso una ritualità uno stato di comunione con la dimensione divina, alla quale possiamo dichiarare la nostra adesione ed eventualmente chiedere benefici per noi e chi ci circonda.
La meditazione è contro la preghiera?

Pur nascendo in seno alle religioni, di per sé la meditazione, intesa come metodo o tecnica, è laica: può essere praticata da chiunque, al di là dell’adesione a un culto religioso.
La meditazione, basata essenzialmente sull’osservazione e sul mantenimento di uno stato di presenza, conduce alla liberazione: è quindi chiaro che nel caso in cui l’adesione al culto sia soltanto formale, ossia non basata su un sentire di cuore, questa pseudo fede potrà essere messa anche fortemente in crisi dalla meditazione.
Invece, nel caso in cui i valori del sacro siano vissuti con sinceria devozione, la pratica meditativa può rinforzare la preghiera, in quanto innalza ancora di più la nostra connessione con il Creatore e il senso della bellezza e della perfezione del creato.
E’ vero che la preghiera non c’entra proprio nulla con la meditazione?

Solo nel caso in cui il dettame religioso sia particolarmente rigido, al punto da prescrivere l’astensione dalla meditazione, la preghiera può impedire la pratica di quest’ultima. Può accadere negli ambienti più estremistici: la meditazione pura e semplice viene vista come una minaccia all’integrità della fede e quindi viene proibita.
Ma, d’altro canto, in quasi tutte le religioni si prescrivono preghiere in forma di lunghe serie ripetute più volte (sicuramente stai pensando ai mantra, ma, nell’ambito della religiosità occidentale, possiamo riferirci pensare semplicemente al rosario, ai salmi o alle litanie). La pratica della ripetizione può indurci uno stato ipnotico che può preparare la meditazione, situazione che non va confusa con lo stato meditativo, che, per essere raggiunto, implica un’osservazione attiva e costante di ciò che accade nel nostro corpo, nelle emozioni e nella mente.
In altri casi la preghiera è stata praticata anche con l’intenzione di purificare la mente (pensiamo alla tradizione dell’esicasmo). La preghiera praticata in questo senso, che si trasforma in una forma di interiore e silenziosa comunione, può essere un’ottima compagna della meditazione nell’opera di “distillazione” che essa opera su tutto il nostro essere. Se ti intriga questa valenza alchemica della meditazione, clicca qui per leggere il mio articolo sulla trasmutazione interiore.
Perché non proviamo a combinare le due cose?
